Piermario Morosini (foto tratta dal web) |
Domani, domenica 14 aprile, una parte dello stadio Armando Picchi di
Livorno, nello specifico la gradinata, non sarà più la stessa: perché la giunta
comunale livornese, dopo aver ricevuto il consenso dei familiari, ha deciso di
intitolare quella sezione di spalti a Piermario Morosini.
Domani, 14 aprile, sarà un anno esatto dalla morte del giovane centrocampista amaranto: quel maledetto sabato pomeriggio, a Pescara, nessuno se lo scorderà mai. Ancora si fa fatica a rivedere le immagini tremende di quell'agonia
infinita, lo sgomento dei compagni e degli avversari, lo stadio avvolto da
un silenzio surreale. E poi i giorni successivi, un concentrato di emozione e disperazione. Ho un immagine fissa nella memoria, incancellabile: 10000 persone che riunite in uno stadio piangono, salutano, cantano Piermario Morosini. Tutti vestono la stessa maglia, dai compagni di squadra abbracciati in campo, ai tifosi abbracciati sulle tribune; è l'abbraccio collettivo, è l'abbraccio di Livorno a quel ragazzo, che aveva scelto la maglia numero 25. Quella maglietta sarà per sempre sua, il presidente Spinelli ha deciso di ritirarla, come si fa con le grandi bandiere. Il "Moro" non è stato un idolo calcistico a Livorno, troppo poco lo abbiamo visto vestire l'amaranto, ma è stato una bandiera "umana"; come hanno voluto ricordare i suoi compagni di spogliatoio "Ci ha insegnato a vivere", lui che dalla vita aveva avuto quasi esclusivamente dolori e disgrazie. Ed è stata questa umanità, questa dignità nel non rassegnarsi alla sfortuna che ti porta via nel giro di pochi anni mamma, babbo e fratello, a far breccia nel cuore di Livorno e dei livornesi. La sua storia ha fatto il giro del mondo e anche Real Madrid e Barcellona si sono fermate per ricordarlo, qualche giorno dopo la tragedia.
Morosini è morto all'ospedale di Pescara, anche se nell'immaginario collettivo la sua vita è finita sul campo, mentre si giocava Pescara-Livorno; una cardiomiopatia aritmogena, rara malattia ereditaria del cuore, ha provocato l'arresto cardiaco che non lo ha fatto più rialzare. Forse (sono in corso delle indagini e ci sono anche degli indagati) il defibrillatore lo avrebbe potuto salvare; il condizionale è d'obbligo: a breve ci sarà l'incidente probatorio e poi, ancora forse, inizierà un processo per accertare le eventuali responsabilità.
Piermario Morosini è morto mentre faceva il suo lavoro, il calciatore. Da quando lui se n'è andato la stagione del Livorno non è stata più la stessa, ovviamente. Troppo vivo il suo ricordo, troppo difficile smaltire il dolore. Alla fine, però, i compagni del "Moro" hanno trovato la forza per lottare di nuovo e hanno raggiunto la salvezza. Oggi le cose sono diverse: gli amaranto stanno ancora lottando, ma per ottenere la promozione in serie A, che sarebbe il regalo più bello da fare a quel ragazzo sempre sorridente, che non ha mai smesso di lottare.
Domani la gradinata sarà "Gradinata Morosini", tra qualche mese chissà, magari altre iniziative. Occhio Livorno ne lancia una: perché non far disegnare un murales con il volto del "Moro" fuori dallo stadio Armando Picchi? Sarebbe un bellissimo, ulteriore, ricordo anche per le tifoserie ospiti, per far capire quanto Morosini abbia lasciato il segno.
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