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giovedì 8 gennaio 2015

Museo Fattori, elogio al cacciucco


DSCF0296Da mesi era mia intenzione rioccuparmi del Museo Fattori. A più di due anni da quando ne avevo parlato nell'articolo Museo Civico, un incubo già vissuto, ho voluto trattare dei limiti e dello stato di sofferenza in cui vive la struttura, visto che ogni aspettativa di vedere cambiamenti con la nuova amministrazione è stata delusa.Convinto perciò da questo immobilismo più completo, ho riordinato le idee e scritto l'articolo, che doveva solo essere impaginato. Poi, però, sono venuto a conoscenza delle iniziative intraprese dal Museo Fattori nei giorni delle festività natalizie e del discreto successo riscontrato.
Certamente l'articolo non poteva non tenere conto di queste iniziative, quindi il 28 Dicembre sono andato al Museo per seguire la giornata, che annoverava visite guidate, laboratori per bambini e una conferenza su Giovanni Fattori del mio professore, Vincenzo Farinella.
Mi stoppo subito, non ho intenzione di dilungarmi in proposito, né di recensire l'iniziativa (anche se lo meriterebbe). Vi chiederete allora, perché ve ne sto parlando?
Semplicemente perché, in questo modo, sono venuto a conoscenza di modifiche e novità che hanno interessato (e interesseranno) il Museo e che in parte rispondono a delle problematiche che avevo menzionato nell'articolo originario.
Ma facciamo un passo indietro e vediamo cosa rappresenta il Museo Fattori. DSCF0204
Locato in Villa Mimbelli dal 1994, prima di tale data ha avuto diverse sistemazioni, come in Piazza Guerrazzi (nell'ormai abbandonato Cisternino) e nel dopo guerra in Villa Fabbricotti. Nella sistemazione attuale è esposta solo parte della collezione, quella inerente al nucleo di opere dei pittori livornesi dell' '800 e inizi '900, mentre, reperti garibaldini, archeologici, numismatici, e altro ancora, trovano posto solamente in depositi. La collezione del Museo è nata anche grazie all'impegno e agli sforzi di nostri concittadini del passato che si prodigarono con donazioni e sottoscrizioni per raccogliere e assicurare alla città di Livorno un'importante raccolta d'arte. La collezione può vantare opere importantissime, non solo in quanto capolavori pittorici, ma anche come documentazione storica di un'epoca tanto importante per l'Italia, quella per l'appunto che ha portato alla nascita di stato unitario. Illustrata con dovizia di particolari da Giovanni Fattori, qui risiede la sua collezione di opere più completa, oltre che di Pollastrini, Lega, Bartolena e tanti altri. Un nucleo davvero coerente di opere di artisti appartenenti a un determinato periodo, di persone legate da insegnamenti, pensieri, rapporti personali, ideali e talvolta stili, nonché dalla frequentazione o nascita nella città di Livorno. Una raccolta fondamentale per capire le ricerche e le preoccupazioni in campo artistico operate dagli artisti italiani a cavallo fra '800 e '900, volte alla riscoperta di un naturalismo in contrapposizione a concezioni più classiciste e idealizzate che negli ambienti accademici italiani imperversavano senza sosta da un lunghissimo periodo.
museo fattoriLa forza del Museo è, a mio personalissimo avviso, che questa contrapposizione tra concezioni totalmente differenti si riscontra anche tra le opere della collezione (salvo qualche non trascurabile eccezione, ad esempio Pollastrini) e la struttura stessa, ovvero fra contenuto e contenitore. Sì, perché se le opere dei Macchiaioli vanno alla ricerca di contenuti popolari come il duro lavoro dei campi, dei butteri, o di opere di scrupolosa documentazione storica come battaglie, temi antieroici (lontanissimi dai modelli classici e romantici, come miti e leggende greche o architetture romane e paesaggi da sogno), l’edificio principale della Villa è, invece, un vero inno al romanticismo, impreziosita da stucchi, capitelli corinzi, volute e motivi floreali, pavoni e putti, ma anche da ornati orientali come nella splendida sala moresca. Se a questo si aggiunge che il Museo Fattori è l'unica raccolta di quadri di proprietà pubblica, quindi nostra, sempre aperta e disponibile al pubblico (l'altra di un certo rilievo è della Fondazione Cassa di Risparmi) si capisce l’importanza di questo centro culturale. Infine, se ampliamo l'indagine a tutto il complesso della Villa, e quindi allo splendido giardino, alla struttura dei Granai, alla cappella che contiene una biblioteca, al pregevolissimo teatro all'aperto, e alla ludoteca, quello che otteniamo è un vero e proprio polo culturale multifunzione.
Uno spazio importantissimo per la città in quanto unico nel suo genere, fondamentale a scopo educativo e ricreativo, una delle attrazioni più importanti per i turisti, centro di studi e ricerca e tanto altro.
DSCF0270Sì ma tutto questo solo su carta: il Museo non attrae che poche migliaia di visitatori l’anno e, se si arriva a questa cifra, è solo grazie alle scolaresche. Il teatro è chiuso e abbandonato, i granai, dedicati come spazio per mostre temporanee, non ospitano che un evento ogni tanto, per lo più iniziative per dar respiro alle opere abbandonate nei depositi (ad esempio la mostra sui disegni del '900).
Ma perché? Secondo me i motivi sono moltissimi, e non tutti attribuibili alla gestione della struttura, ma qui mi limiterò a dire quelle che per me sono le carenze strutturali e programmatiche del Museo e della Villa tutta.
Premetto che i musei non sono aziende e, pertanto, non devono rispondere a logiche squisitamente economiche e numeriche - i musei non si misurano dagli incassi che portano visto che nessun museo al mondo copre le spese con i guadagni - ma dai benefici che portano alla comunità intera. Come sopra detto si tratta innanzitutto di funzioni educative e formative, in secondo luogo anche di conservazione della memoria, ma che è tale soltanto se prima si soddisfano le funzioni di ricerca e di educazione. Funzioni che attualmente il museo prende in bassissima considerazione. 
Come si è permesso questo? Il museo affronta una situazione comune a moltissimi altri musei italiani: i fondi sono pochi e, come al solito, la cultura è considerata poco più che un optional, inoltre, sempre in pieno standard italiano, si affidano ruoli di gestione a personalità pescate più dal mondo della politica che da quello della cultura, il tutto nel più bieco silenzio e disinteresse dei cittadini. Ecco serviti tutti gli ingredienti per la ricetta del disastro.
Un disastro che assume le fattezze di un museo ospitato in uno splendido edificio che sta cadendo a pezzi, una collezione esposta senza adeguati allarmi, vetri di protezione, corretta cartellonistica. Nello spazio del museo, forse per insane scelte o costretti da strane esigenze, si è aggiunto parte della collezione dal Museo di Arti Progressive con opere contemporanee di eccellenti artisti ma che niente hanno a che vedere con il nucleo originale, così come si aggiunge nella stessa sala di Pollastrini anche un polittico di Neri di Bicci del XV secolo e altre due tavole a fondo oro esposte recentemente dopo anni senza alcuna loro notizia. Per finire, opere di artisti contemporanei locali qua e là fra corridoi e bookshop, e citerei anche la sala dedicata a Osvaldo Peruzzi (pittore vicino agli ideali di Marinetti), che solo da poco tempo è stata sostituita con opere di post macchiaioli attenuando, anche se forse solo temporaneamente, questa ambigua varietà. Se con questa scelta si voglia omaggiare il più autentico e caratteristico dei piatti nostrani, ovvero il Cacciucco, non lo sapremo mai, quello che appare ovvio è che ne risulta una confusione tale, che non risponde ad alcuna logica educativa o di ricerca.
Come ebbi già modo di constatare nel precedente articolo, la struttura è sprovvista dei più basilari servizi: si pensi che i custodi sono costretti a seguire il visitatore perché  non ci sono adeguati sistemi di allarme e protezione, le etichette sono insoddisfacenti e solo in lingua italiana, la cartellonistica che introduce le sale è scarsa, monitor e sistemi interattivi neanche a parlarne, e ciliegina sulla torta, quello che dovrebbe essere un'altra potenzialità del museo si trasforma nell'ennesima manchevolezza.  Sto parlando di una tela di Fattori, dove su un lato si trova l’opera Carica della cavalleria a Montebello, mentre sull'altro una scena tratta dalla storia dei Medici , rinvenuta nel corso di un restauro, che Fattori dipinse ma decise di cancellare e riutilizzare lo spazio di tela per la scena di battaglia, a lui più congeniale. Ebbene, questo quadro dipinto su due facce differenti è montato su un telaio in metallo, e non è affatto segnalato, davanti ad esso si trovano le due etichette che segnalano due differenti opere e che sono assolutamente fuorvianti. A tutto questo si DSCF0191aggiunge il fatto che il Museo è capace di rendersi raramente promotore di iniziative culturali, occasioni di studio e ricerca, ed esemplare di questo è la splendida biblioteca di arti dentro quella che fu la Cappella della Villa, contenente libri importantissimi che oltre ad essere sconosciuta ai più, da anni non permette nemmeno il prestito dei libri, solo perché, nell'idea della gestione, non c'è soluzione alcuna per assicurare il rientro dei prestiti. I libri, poi, sono disposti a casaccio e senza abbastanza spazio su logori scaffali, e sicuramente senza alcun criterio che ne faciliti la ricerca. La stessa paura che ha guidato l'azione di levare i libri dal prestito per non correre il rischio di perderli, interferisce su tutta la gestione del museo, dove si preferisce non fare niente. Strutture in degrado, collezioni mischiate e confuse, funzioni di studio e ricerca annullate, sporadiche iniziative, ecco cosa è oggi il Fattori.
Si può ancora fare qualcosa? Ho perfino paura a dirlo ad alta voce per scaramanzia, ma credo che qualcosa stia accadendo. Per tutto Dicembre sono state organizzate conferenze, visite guidate e laboratori per i bambini con grandissima partecipazione, inoltre sono state fatte alcune modifiche sugli allestimenti e mostrati anche disegni preparatori fino ad oggi nascosti. A detta di alcuni assessori sui giornali, sono previsti ulteriori interventi di recupero della struttura e del parco. Ciò non toglie che sia necessario cambiare una mentalità che per tanti anni ha immobilizzato il Museo, in primis, le amministrazioni dovrebbero tributargli lo stesso impegno e aiuto che viene dato ad altri enti culturali come l’Istituto Mascagni e il Teatro Goldoni, poiché la sua funzione (seppur con mezzi diversi) non è dissimile. Il museo deve diventare un centro culturale a 360° in grado di stimolare formazione e ricerca, e di assolvere al ruolo di educazione e formazione per i nuovi cittadini. È necessario poi che venga presa in considerazione la possibilità che la gestione fino ad ora sia stata inefficiente e che necessiti di qualche revisione, magari inserendovi ulteriori competenze: si dovrebbe coinvolgere nella gestione degli esperti d'arte e non nominare come responsabili figure con altre competenze. A Livorno ci sono tantissimi ricercatori e professori di Storia dell'arte, molti dei quali studiosi dell' 800 italiano, che potrebbero portare il loro contributo. T. Montanari, in un libro che mi ha colpito molto, scrive: Un museo che non fa ricerca è un deposito di roba vecchia [...] nemmeno è una discarica per politici trombati, giornalisti finiti, membri cadetti di grandi famiglie [...] un museo che non è guidato da un ricercatore è come un aereo che non è guidato da un pilota. Ed il museo Fattori tutt'oggi non è guidato da un ricercatore.
Permettetemi ora di fantasticare su un Museo diverso.
Un museo collocato in un edificio curato e restaurato, il cui allestimento è coerente e risponde a una logica di fruizione da parte di tutti, e che magari in parte, con lungimiranza, strizzi  l'occhio al turismo, allestendo una saletta dedicata ad Amedeo Modigliani: vi troverebbe spazio solo quell'operetta giovanile e qualche disegno su carta, ma sarebbe forse più interessante di certe sale allestite attualmente. Un museo dove in tre passi non si va da Munari e Burri, a Pollastrini e Neri di Bicci. Un museo dove per sapere che dietro a un quadro di guerra si nasconde un dipinto ritrovato e insolito di Fattori, non sia necessario avere la fortuna di trovare un custode ben disposto alla cortesia di spostarci quel macchinoso telaio. Un museo che fa sistema con tutta la villa, dove nei Granai trovano spazio esposizioni temporanee serie (coinvolgendo sponsor e collaborazioni) o eventualmente trovi spazio quello che non è coerente con il nucleo originario; dove la biblioteca è curata e fruibile, senza compromettere la tutela dei libri. Un museo dove gli spazi oggi museo fattori livorno degrado pollastrini modigliani (14)abbandonati come l’ex casermetta della Polizia Municipale, ospiti altri spazi espositivi, per la ricerca, o laboratori didattici. Un museo che faccia sistema col parco ospitando permanentemente o saltuariamente installazioni artistiche ed eventi culturali (Harborea in questo senso è un festival positivo). Un museo che venga promosso e pubblicizzato fra i cittadini e i turisti, anche per ovviare la posizione non proprio felicissima, e sarebbe un bel primo passo cominciare con qualche cartellone fuori dal museo stesso (anni fa proponemmo, se ricordate ,proprio delle opere di street art sul muro frontale all'entrata, che segnalasse e attirasse l'attenzione proprio sul museo), ma anche facendo sistema con gli altri musei, fra tutti quello di Via Roma di Storia Naturale, che dista pochissime centinaia di metri dalla Villa Mimbelli. Non sarebbe difficile immaginare qualche iniziativa didattica condivisa, dato che il Museo di Villa Henderson ospita per gran parte dell'anno laboratori per i più piccoli, così come un biglietto cumulativo, volantini e mappe condivise, ecc. Un museo essenzialmente più funzionale e fruibile, che non sia percepito solo come una vecchia istituzione noiosa ma, anzi, come luogo di aggregazione, di conoscenza e di divertimento. Un museo, aperto ai più piccoli oltre che per le iniziative DSCF0215sopracitate anche grazie a una stretta collaborazione con la ludoteca ospitata all'interno della stessa villa. Un complesso culturale che possa contare anche su un suggestivo teatro all'aperto, così da poter sviluppare anche altri aspetti dell’arte, offrendo la possibilità di spaziare in molte attività diverse. Un museo facilmente raggiungibile, grazie anche a un ripensamento dei mezzi di collegamento, come una navetta ad hoc, piste ciclabili, e perché no, la possibilità di parcheggiare: gli spazi che verranno lasciati liberi dal deposito Atl sarebbero stati più produttivi in tal maniera piuttosto che sacrificati alla mera speculazione edilizia.
Incoraggianti sono, in tal senso, le recenti dichiarazioni dell'assessore alla cultura livornese secondo cui si sarebbero trovati fondi per riaprire il teatro e sistemare la biblioteca, anche grazie a contributi spontanei di privati. Un primo passo verso il recupero e il rinnovamento del nostro museo che deve diventare il nucleo centrale della cultura livornese e non più deposito di anticaglie. Concludo queste mie riflessioni scomodando per un'ultima volta il giornalista e critico d'arte Montanari, quando afferma che:
Studio vuol dire amore, educazione vuol dire tirare fuori l’umanità che è chiusa nell'uomo, il diletto è la dolcezza che ci avvince nella vita. Se un museo riesce a ridare a queste tre parole il loro significato etimologico, profondo: ebbene, quello è davvero un museo.
Riuscirà mai il Fattori a rispondere a questa definizione? Lo scopriremo solo vivendo.
Saluti
il vostro amorevole Ako di quartiere
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La FOTOGALLERY completa del Museo Fattori e il parco di Villa Mimbelli







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