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giovedì 2 aprile 2015

Quando la poesia nasce a Livorno: Gabriele Baroni

La copertina della raccolta di poesie,
Le cose che abbiamo lasciato succedere.
Poesia vuol dire tutto e niente, perciò, quando si parla di raccolta di poesie, ho sempre qualche riserva. Mi aspetto spesso qualcosa di banale, di già letto, non stimolante e noioso. Stavolta è stato diverso, stavolta è stata una sorpresa. Mi riferisco all'opera del livornese Gabriele Baroni, una raccolta non di poesie, ma di "cartoline", di lettere, come lo stesso autore le definisce. Sono Le cose che abbiamo lasciato succedere, grazie alle quali si è aggiudicato il titolo di vincitore al Primo Concorso Internazionale Prospero's ebooks.




La raccolta prende avvio con la prima cartolina, significativa per introdurre il leitmotiv complessivo: 

Con il mio vestito da astronauta
torno a casa desolato
non c'era vita nei campi gelati
l’inverno è appena cominciato.  

L'apparente ritmo da filastrocca stride in realtà con il significato lievemente offuscato: è esattamente il sentimento che si presenterà costante in ogni pagina della raccolta, quel sentimento carico di malinconia, ciò che rimane dopo. Ma dopo che cosa? Si capirà proseguendo con la lettura delle immagini, mentre i pensieri si riversano colmi di nostalgia disincantata. L'autore intesse un monologo che si avvicina incredibilmente al parlato, dove i versi si spezzano lasciando spazio alla prosaicità, per far fluire, senza mai interromperle, le emozioni, le sue emozioni. Poi i versi si fanno lunghissimi, come se, chi sta parlando, non volesse limitarsi a dire poche cose: ci riversa addosso una storia completa, uno sfogo non rabbioso, uno sfogo rassegnato, tipico di chi si ritrova, ormai da solo, a dover raccogliere i propri frammenti, i propri stracci per ricominciare, e per un'ultima volta decide di voltarsi indietro, per rendersi conto di cosa si è lasciato alle spalle, di cosa, adesso, è pronto a dimenticare, non senza dolore. Ed è ciò che rimane dopo una festa. La disillusione, la rassegnazione, il troppo tardi, i "se...", i "forse...", dentro un vuoto che ci spiazza e ci fa prendere respiri sempre più lunghi e profondi.

Chissà dove va,
chi decide di andarsene. 

(Da "Non possedevi nulla quella mattina").


L'autore si rivolge ad un "tu" ipotetico, un secondo interlocutore che, evidentemente, non è importante rivelare: il vero protagonista, il vero destinatario di questi messaggi, ritengo che sia il poeta stesso. Più si prosegue con la lettura e più si fa salda la certezza che le parole non sono per gli altri, esterni, estranei, ma per sé e quindi per il lettore che si immedesima in questi versi che scivolano via.

Il mio posto è nel passato delle persone,
lo è sempre stato. 

(Da "La tua gonna non aveva bisogno del vento").

I suoi versi arrivano immediati, dritti al cuore e toccano alcune corde sottili, perché dipingono in così poche pennellate i sentimenti dell'uomo, i sentimenti che chiunque può provare e che sicuramente ciascuno di noi ha provato almeno una volta. L'inverno sta per giungere al termine e con esso affiora gentilmente e ancora un po' soffocata una flebile speranza.


Livorno racchiude in sé la paradossale dicotomia di città senza troppe pretese, un po' scialba, provinciale, dove mancano iniziative e di città artisticamente prolifica, con una nutrita schiera di persone dotate di incredibile sensibilità, capaci di esprimersi attraverso arti di vario genere e lasciare segni indelebili attraverso le loro opere. Le poesie di Baroni sono la prova, da tempo agognata, che dalla nostra assopita Livorno possa nascere qualcosa di buono, un progetto letterariamente valido.


Qualora voleste procurarvi la raccolta, Le cose che abbiamo lasciato succedere, sappiate che è acquistabile in versione ebook .



Eleonora Simeone


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