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giovedì 4 dicembre 2014

Occhi su Lenny Bottai "Vado a giocarmi un mondiale, con Livorno nel cuore"

Lenny Bottai nella palestra "Spes fortitude"
(foto tratta dal profilo Facebook)
Il campione del popolo. Il pugile di sinistra. Lo hanno chiamato in diversi modi, per via della sua fede politica, per via del fatto che Lenny Bottai, istituzione della boxe livornese e non solo, è cresciuto nei quartieri popolari della nostra città. Fino a Las Vegas, si potrebbe dire, dove il prossimo 13 dicembre, nella splendida cornice del MGM, si batterà con Jermall Charlo per la semifinale del titolo mondiale dei superwelter. Occhio Livorno lo ha incontrato e gli ha chiesto di questa prossima esperienza, della sua carriera e di Livorno. Ci ha risposto con grande disponibilità e soprattutto, come sempre, senza peli sulla lingua.

Prima di parlare dell'incontro che affronterai il 13 Dicembre a Las Vegas, vorrei chiederti di parlarci del tuo percorso sportivo, dall'esordio fino all'affermazione, passando per l'apertura della tua scuola di pugilato.
Ho iniziato con la Kick boxing all'età di 13 anni, portato da un amico che il giorno dopo se la filò. Poi sono passato alla boxe e dopo dei buoni piazzamenti a livello nazionale junior, a 21 anni ho subito una squalifica per una contestazione ed ho smesso. A 28 mi son deciso a ritornare in palestra lottando prima col peso, 98.5kg, e poi coi pregiudizi. Nel 2006 per dare vita ad un progetto sportivo e sociale ho fondato la "Spes fortitude" e progettato la rinascita della boxe livornese. La cosa è andata bene, per me, ma anche per molti altri. Nel 2008, dopo aver con molta fatica recuperato un po' del tempo perso, sono riuscito a passare professionista. Avevo 31 anni e nessun credito, i più dicevano che sarei durato sì e no un anno. Fortunatamente per me, le cose sono andate diversamente.
La locandina dell'evento
(foto tratta dal profilo Facebook)

Andare a combattere negli Stati Uniti credo sia per te motivo di grande orgoglio. Ritieni questo un punto di arrivo della tua carriera? L'avresti mai immaginato?
Ritenerlo un punto di arrivo sarebbe porre un limite, io con rispetto, ma senza remore guardo quel che viene con orgoglio. Penso sarà a prescindere una grande esperienza, e spero segni l'inizio e non la fine di un percorso, in gioco c'è un mondiale. Mai dire mai.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi? Per cosa pensi sia troppo tardi invece?
Il prossimo obbiettivo è Las Vegas, a cos'è troppo tardi, inutile pensarci. Magari non avessi smesso quegli anni che avrebbero sportivamente fruttato di più, non sarei io. Oppure non avrei fatto nulla. Vivo quello che faccio, con amore ed orgoglio. Il resto è vita.

A Las Vegas è molto probabile che dovrai combattere davanti a migliaia di spettatori. Ne sarai condizionato? Cosa temi di più in territorio straniero?
L'MGM fa 18mila posti a sedere, sicuramente ci sarà da emozionarsi, in ogni caso temo più il cambiamento di ambiente, che il pubblico. Sono abituato al mio.

Negli sport di combattimento non si può prescindere dall'avversario che si ha di fronte. Come hai preparato questo incontro? Come hai studiato il tuo avversario?
Il mio avversario (Jermall Charlo,n.d.r.) è giovane, e quotatissimo, elegante e tecnicamente bravo. Diciamo un clone dello stile americano. Mi sono preparato per far valere le mie carte, che sono vigore ed intensità, poi sul ring si vedrà. Non ho nulla da perdere e tutto da guadagnare, sono ottavo in classifica, i primi 6 hanno abdicato. Io no.

A meno di quindici giorni dall'incontro che emozioni provi?
Vivo una situazione surreale, sembra che ho focalizzato, ma poi come la scorsa sera guardo un match dagli USA (Pacquiao-Algeri) e dico "...zzo ma quello è l'MGM? Sarò lì tra una settimana...".

Per anni sei stato una delle voci più autorevoli della curva livornese, incarni la livornesità fatta persona, eppure nessuno sponsor si è fatto avanti per sostenerti in questo evento così importante che stai per affrontare. Come interpreti questo fatto?
Un segnale chiaro, rappresento gente che evidentemente non abita i piani alti che potrebbero farmi da sponsor, ma magari lavorano per questi ultimi come operai. Ciò mi va anche bene. La cosa triste è che gli unici che mi hanno teso una mano sono Spinelli ed il Livorno Calcio, ossia imprenditori genovesi. Forse per alcuni la "livornesità" è un concetto legato alla spendibilità di un personaggio.

E' nota a tutti la tua fede politica e non hai mai nascosto il tuo impegno politico. Come si conciliano sport e politica? Hai mai avuto problemi per questa tua sincerità, credi ti abbia precluso qualche possibilità?
Lenny con un cartello a sostegno degli operai della TRW
(foto tratta dal profilo Facebook)
La fede politica, o meglio, avere idee, percezione di come dovrebbe essere gestita una società, dovrebbe essere cosa normale per tutti. Quindi anche di un atleta, se si parte dal presupposto che è prima di tutto uomo. Poi, se vogliamo dire che, siccome oggi come oggi non schierarsi comporta maggiori possibilità, accettiamo una stortura. Quando sono all'angolo o in palestra non faccio politica, non ce n'è il tempo, e sarebbe stupido, premesso che su alcuni concetti non soprassiedo, come razzismo, sessismo o varie forme di pregiudizi o prevaricazione sugli altri. Indubbiamente una persona come me funge da spartiacque e chi non ha il dono dell'onestà intellettuale finisce per giudicare il pugile o l'uomo non solo per quello, ma per come la pensa. L'accettazione di questo procedimento mentale è precursore del clientelismo e delle posizioni di comodo, quello che rovina questo paese.

Livorno è da sempre una città molto sportiva; credi che le varie amministrazioni che si sono succedute abbiano fatto abbastanza per promuovere lo sport? Credi che gli atleti livornesi di alto livello di varie discipline abbiano le opportunità giuste ed il sostegno per emergere?
No, assolutamente, anzi, temo che questo atteggiamento di usare lo sport come promozione delle parti politiche sia figlio della cultura detta. Cioè, se io voglio fare per lo sport, faccio per la cultura sportiva e per la cittadinanza a prescindere. A mio avviso invece la necessità politica è stata spesso di legarsi a figure sportive per avere indietro voti. Di qui, evidentemente, anche il silenzio che mi circonda. A Firenze hanno presentato Bundu (pugile sierraleonese, naturalizzato italiano, che combatterà anche lui il 13 dicembre a Las Vegas, n.d.r.) a Palazzo Vecchio e faranno un mega schermo al Mandela Forum, a Livorno in passato e adesso, nonostante cinque titoli portati nel nome di questa città, dare voce o spazio a "Lenny" costituisce un evidente tabù perché non c'è mai stata "merce di scambio", consentimi il termine. Ho presentato ed ho progetti per lo sport con uso sociale, non come lucro, abbiamo progetti con case famiglia e per la salute mentale, avessi accettato come altri miei colleghi di finire in qualche lista civica oppure in qualche meccanismo affine, magari qualcosa sarebbe diverso? Non lo so. In ogni caso io la politica che riconosco è quella che viene dal basso. Perché la politica vera si fa in strada e nelle piazze, mai nelle stanze.

Come vivi il tuo rapporto con Livorno? Cosa ti piace della tua città e cosa proprio non puoi sopportare?
Uno dei tatuaggi di Bottai è la fortezza vecchia, simbolo di Livorno

La amo. Amo quel suo modo di essere mondo a sé. Disordinata e pura, ribelle, semplice, diretta. Anche se sta cambiando. La situazione di crisi sta distogliendo la gente da quale è la vera via di soluzione. Le battaglie fra poveri non servono a nulla. Livorno nasce dalle leggi Livornine, dall'unione cosmopolita di un progetto comune. Il nemico non è colui che viene da chissà dove in cerca di vivibilità, ma chi ce la toglie quando ce ne sarebbe per tutti. Se non ci fossero stati gli esuli delle tante comunità che hanno fatto questa città, non ci sarebbe stata Livorno. Poi sia chiaro, non è buonismo. Si parla di chi accetta di sposare la causa della città e di viverla, chi ha altre intenzioni fa bene a starne lontano. Ma guai a cadere negli stereotipi e nei luoghi comuni. Cosa vorrei e non sopporto? Che non si racconti la sua storia, perché farlo, forse, esautorerebbe un approccio dall'alto che va in tutt'altra direzione. Vuoi un esempio palese? Il nemico non è colui a cui assegnano una casa popolare, giallo, nero o verde, normale o categoria protetta, ma colui che per anni ha gestito i patrimoni pubblici con clientelismo e facendo in modo che si lotti tra poveri per un diritto come la casa. Lo dice uno, cresciuto in una casa popolare, che adesso paga per stare dove sta. Ma ciò non cambia nulla.


Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole fare della sua passione sportiva un lavoro? E invece a uno che vive una conflittualità con la sua città?
Ad un giovane che cerca di fare della boxe un mestiere, direi che è un bel casino. Bisogna inventarsi ed essere come me, adesso: cioè precario. Ma del resto lo ero da operaio e lo sono tanti miei amici, che rispetto per questo. Per questo coraggio. La conflittualità con la città è, come ogni contraddizione nella dottrina ideologica che amo, mezzo importante di riflessione ed avanzamento. Io dico che la città è sull'orlo o di un cambiamento o di un baratro. Livorno deve rinnovare il suo modo di stare al mondo. Non omologarsi, ma progredire e riprendere quella cultura popolare sepolta anni fa, quando il clientelismo e gli affari hanno corroso quelle idee che l'hanno resa unica. È stato frutto di una situazione politica più ampia, che solo ora ha spiegato quale fosse la natura di un "progressismo revisionista", tuttavia, se ciò è stato facile, è perché è mancata la sacrosanta cultura del confronto, dell'autocritica e del dibattito interno. Concetti che sembrano difficili ma vanno messi al centro della vita di tutti per essere reali.


Grazie a Lenny della disponibilità, in bocca a lupo campione!
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