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venerdì 20 marzo 2015

Occhio al Teatro, Piccoli Drammaturghi Crescono


Oggi conosciamo più da vicino un giovane attore della Compagnia Vertigo di cui abbiamo avuto modo di parlare nell'articolo riguardante lo spettacolo “Lo Zoo di Vetro”, andato in scena al Teatro Vertigo lo scorso dicembre.
Stiamo parlando di Gianluca Arena, classe 1990. È laureato col massimo dei voti all'Università di Pisa in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione ed è anche attore, regista e autore teatrale.






Ha appena venticinque anni, ma la sua vita è una di quelle vissute appieno, proprio perché alla base c'è una passione forte e viscerale per il teatro.
Passione che lo ha portato a calpestare le assi di legno del palcoscenico fin da ragazzino, muovendo i suoi primi passi all'interno della Compagnia Vertigo, proseguendo poi il suo percorso teatrale anche all'Università, dove ha avuto modo di ampliare le sue conoscenze teatrali in ambito teorico, senza tuttavia lasciare la Compagnia Vertigo, che è un po' il suo nido.
Ad una prima occhiata sembra essere un ragazzo come tanti. È giovane e ha voglia di divertirsi, di scherzare, di ridere. Come tutti i ragazzi della sua età ha voglia di vivere la sua vita con spensieratezza. Ma basta passare con lui un pomeriggio per rendersi conto che Gianluca è molto di più di quello che appare, per capire che è una persona profonda, sensibile, curiosa. Gianluca non è uno che si accontenta, soprattutto per quanto riguarda il Teatro. È sempre pronto a modificare, sperimentare e sviluppare quello che fa, sia in qualità di attore, sia come regista che come drammaturgo (tanto che i suoi amici lo chiamano "l'Arenaturgo"). Ed è proprio per questo motivo, per la caparbietà e per il talento, che il 20 Dicembre 2014 Gianluca è riuscito ad essere uno dei finalisti del Concorso Nazionale di Drammaturgia, "Diversamente Stabili", organizzato dal "Teatro dellaColazione" di Roma, in collaborazione con l'Associazione "Sipari d'Oriente Teatro Elettra" di Roma.
Il Concorso si apre a Drammaturghi e Registi Teatrali di tutta Italia e prevede un premio in denaro per i vincitori. Le opere teatrali selezionate dal concorso sono opere inedite, ma dà la possibilità agli autori finalisti di vedere messo in scena il proprio scritto per la prima volta a Roma, da registi che a loro volta vengono selezionati dal concorso.
Questo è un momento importante per la sua vita, perciò abbiamo deciso di fare a Gianluca qualche domanda...
Gianluca Arena alla Conferenza Stampa a Roma durante il concorso "Diversamente Stabili" in cui presenta il suo Atto Unico Cenere

1) Sei tra i finalisti del concorso di drammaturgia "Diversamente Stabili" con il tuo Atto Unico Cenere, che andrà in scena a Roma il 22, 23 e 24 Aprile 2015. Raccontaci brevemente qual è la storia.

Cenere è un atto unico suddiviso in cinque quadri. La vicenda narra di una giovane studentessa di medicina, Caterina, che convive oramai da tempo con Tazio. Ma già da diversi mesi vive all'insaputa del fidanzato una travolgente quanto intensa e catartica attrazione sentimentale per il pittore Tony. Nonostante le circostanze, i due continuano a frequentarsi di nascosto, combattendo tra regole socio-morali e il forte desiderio reciproco, difficile da contrastare. Il carismatico Tony, fantasioso, poetico ma anche spiritoso e ironico, permette a Caterina di rivelare se stessa e le proprie emozioni profonde represse da tempo: le presenta un mondo colorato, vivo, libero, ma non per questo falso o buonista. Un mondo "altro" che supera i confini del quotidiano, più vero e sincero del nostro. Tuttavia, Caterina si lascia schiacciare dalla dura e claustrofobica realtà pur sapendo benissimo che l’amore iniziale per l’ingegnere di successo Tazio, intenzionato a sposarla, è oramai diventato solo compassione.

2) Come hai iniziato a scrivere opere teatrali? Hai seguito un corso di Drammaturgia?

Ho cominciato a scrivere dopo gli esami di maturità. Da molto tempo frequentavo il teatro, tra spettacoli e corsi, e devo ammettere che il mondo della drammaturgia mi affascinava già tantissimo. Ricordo infatti che a scuola preferivo leggere testi teatrali piuttosto che romanzi. Ma nonostante questo non mi era mai balenata in testa l’idea di mettere in scena qualcosa scritto da me, probabilmente perché non mi ritenevo capace di una cosa simile (e devo dire che tale sensazione non è ancora del tutto scomparsa). Conservo ancora alcuni scritti "adolescenziali" e, rileggendoli, posso dire che, per quanto poco teatrali, erano molto vissuti. Quei testi hanno un forte potere evocativo su di me, mi ricordano quel ragazzo di quinta superiore che cominciava ad affacciarsi al mondo "dei grandi".
Gianluca Arena in Sogno di una Notte di Mezza Estate


Non ho mai seguito un corso di drammaturgia, ma mi sono laureato, con una tesina su De Filippo, in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione presso l’Università di Pisa. In questi anni mi sono particolarmente concentrato sullo studio del teatro, in tutte le sue forme, e ho frequentato un corso universitario di scrittura teatrale, anche se avevo già scritto e inscenato alcuni testi. Mi riservo di non dare giudizi sull’utilità di questo corso, perché non credo spetti a me, ma sono convinto che il miglior modo per imparare a scrivere per il teatro sia proprio fare teatro. La mia scuola è stata e continua ad essere l’esperienza teatrale stessa. E nel mio caso, la mia scuola è l’esperienza da attore, che prosegue da più di dieci anni (pochissimi, se confrontati con l’universo teatrale) tra corsi e spettacoli, non solo al Teatro Vertigo ma anche fuori Livorno. Questo non significa che una conoscenza teorica non sia necessaria, anzi essa serve a padroneggiare la materia utilizzata per avvicinarci alle nostre stesse idee. Per scrivere è fondamentale avere una vasta cultura, una solida conoscenza dei testi (teatrali e non) e naturalmente degli studi approfonditi su tutto ciò che riguarda il mondo del teatro, non solo ed esclusivamente della drammaturgia.

3) Qual è il percorso di nascita e realizzazione di una tua opera teatrale?

Il percorso di nascita e realizzazione di una mia opera teatrale è piuttosto lungo e complesso. Per cominciare, non nascondo che scrivo esclusivamente di notte, quando tutto è silenzio e buio e la concentrazione è massima. Non scrivo sempre e comunque: aspetto che l’idea, che mi ronza in testa da molto tempo (un concetto, una scena, una trama, un personaggio…), assuma una forma più precisa e convincente, in modo da poterla fissare nella realtà, scrivendola. Per arrivare ad una prima stesura posso impiegare anche una sola settimana. I problemi nascono dopo, cioè quando, consapevole che la prima stesura è sempre da rivalutare, mi domando se e come modificare, tagliare o migliorare certi punti del testo. Sono convinto che il primo passo da effettuare sia distaccarsi dal proprio scritto: i testi scritti di proprio pugno non vanno "amati", altrimenti è impossibile sapere cosa sono veramente. Da qui agisco in vari modi, sapendo bene che ogni modifica deve essere valutata in tutte le sue implicazioni. Può passare molto tempo prima che la versione definitiva mi soddisfi: parlando strettamente di Cenere, per esempio, tra la prima stesura e la versione finale sono trascorsi ben sette mesi. Non solo perché non sapevo esattamente cosa fare, ma anche perché dovevo chiarirmi le idee su come effettuare certe modifiche, dopo essermi chiesto se tali modifiche avrebbero reso il testo migliore o meno. È quindi anche un lavoro di pensiero e di notti insonni passate a riflettere. Purtroppo non avrò mai una risposta sicura alle domande che mi sono posto: l’opera perfetta probabilmente non esiste, e credo che un artista arrivi ad un punto in cui impone la fine, pur non avendo mai un’opera davvero "finita".

4) Quanto delle tue esperienze personali c'è dentro i tuoi testi teatrali?

Gianluca Arena in Lo Zoo di Vetro
Penso che in quel che si scrive ci sia sempre, in una forma o nell’altra, un qualcosa di tuo, di autobiografico: ciò che è stato ascoltato, visto, vissuto. Questo non significa che l’autentica vicenda personale debba essere riprodotta fedelmente in tutti i suoi dettagli: il teatro è una forma d’arte che utilizza un linguaggio proprio, e questo linguaggio, per quanto sia difficile da credere, è lontano dalla verosimiglianza (e credo che se fosse totalmente verosimile risulterebbe assolutamente noioso). 
Non saprei dire se sia un testo naturalistico o meno, poiché non tengo a costringerlo all’interno di un’area di categorie e preconcetti, rischiando così di limitarne la visione. Tuttavia è bene ricordare che “naturalistico” non significa “vero”, bensì che utilizza comunque un linguaggio specifico, lavorando nella sfera del possibile, del trascendente e oltrepassando la patina di apparenza fittizia o di realtà parziale.
Tuttavia, la compagnia "Teatro della Colazione" di Roma ha proprio apprezzato la tecnica adottata, differente rispetto a quella che ho utilizzato in altri miei testi di stampo più arcaico, come il mio lavoro Amori degli dèi, andato recentemente in scena al Teatro Vertigo.

5) Vuoi fare il drammaturgo per professione? Se sì, sei disposto ad andare via da Livorno per realizzare questo obiettivo?
Mi piacerebbe molto diventarlo, anche se penso di avere ancora tante cose da fare e da imparare, sotto tutti i punti di vista. Oggigiorno in Italia fare il drammaturgo è cosa piuttosto difficile. Sono convinto che quella del drammaturgo sia una delle figure essenziali del teatro, ma che negli ultimi anni sia stata esclusa per dare spazio ad una sperimentazione che, per quanto interessante, ha quasi del tutto tagliato la comunicazione col pubblico, perdendo il proprio sentiero. Se l’attore lavora su se stesso e il regista sullo spettacolo, il drammaturgo lavora proprio sulla comunicazione col pubblico. Quel pubblico che, a mio avviso, non è elemento opzionale, ma fondante del teatro. Sarei disposto, nonché obbligato, ad uscire da Livorno, per imparare e confrontarmi con le realtà nazionali e, perché no, internazionali. In ogni caso, il mio sogno sarebbe aprire un teatro tutto mio e poterlo gestire autonomamente.
A noi di Occhio Livorno non resta che augurare a Gianluca Arena, una delle nuove promesse del teatro livornese, di vincere il concorso nazionale "Diversamente Stabili", auspicandogli anche una lunga carriera teatrale, ricca di soddisfazioni.
Rebecca
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