Sono stato giorni,
forse un paio di settimane, a tormentarmi, a pormi domande e di
conseguenza a documentarmi. Voto, non voto. Ho letto, riletto, ho
cercato di approfondire. Voto, non voto. Ho provato anche a chiudere
gli occhi e a pensare di istinto, di pancia. Voto sì. Poi però è
tornato quel brutto vizio, quello di non fermarsi in superficie, di
cercare di andare più a fondo, di porsi domande e di
cercare risposte.
Ho capito il giusto del quesito referendario. Forse sono duro io, o forse c'era qualcosa
che sollevava più di un dubbio. Ho capito che era un argomento
complicato, da tecnici. Ho capito che in realtà “Referendum sulle
trivelle” era la definizione sbagliata per definire l'argomento;
che nuove trivelle, entro le 12 miglia, sono già proibite, ma lo
slogan “NO TRIV” fa molto effetto e smuove gli umori più
reconditi delle persone. Ho capito che era un Referendum molto
molto politico: a detta degli stessi promotori “perché bisogna
mandare un messaggio al governo” (o una spallata?) perché a proporlo sono state 9 Regioni e non 500.000 mila firme degli elettori (prima volta nella
storia). Proprio nel momento in cui il governo propone leggi che
tolgono potere alle Regioni stesse. E la contromossa
sarebbe un Referendum?
Ho capito che entro
le 12 miglia, se avesse vinto il sì, a fine concessione avrebbero
chiuso tutte le restanti piattaforme. Però non ho capito: cosa
succede a 12 miglia e mezzo? E a 13? e a 14? Cambia così tanto a
livello di pericolo ambientale, di inquinamento? Perché nessuno lo
ha spiegato bene?
Ho capito che
l'estrazione dalle piattaforme coinvolte dal Referendum copriva una
percentuale esigua del nostro fabbisogno, quindi tanto vale
chiuderle. Bene, ok. Ma quella percentuale anche esigua, adesso come
la copriremo? Presumibilmente la importeremo. E chi mi dice che nei
luoghi dove vengono estratti petrolio e gas che noi dobbiamo
importare, vengono rispettate regole sull'inquinamento, sul lavoro e
via dicendo. Oppure volete dirmi che se inquinano in un imprecisato
“laggiù” va bene, mentre se inquinano qui no, levata di scudi.
Mi si dirà:
dobbiamo smetterla con gli idrocarburi. Il futuro sono le energie
rinnovabili. Bisogna inquinare di meno. Benissimo, allora la
battaglia è culturale. Contro le persone che storcono la bocca quando
gli viene chiesto di fare la differenziata, quelle che sbuffano
perché c'è una nuova “Zona a Traffico Limitato” nella loro
città, e non possono arrivare con la macchina a benzina sopra il
loro pub preferito (o meglio ancora dentro). Oppure verso quelle che
quando hanno finito la birra la lanciano nel fosso o la lasciano per terra perché i cestini sono lontani (di queste tre
cose, i livornesi dovrebbero essere a conoscenza). Anche questi sono
modi per inquinare di meno.
Ho tentennato.
Perché chi ha sempre e solo certezze mi fa pure un po' paura. Ho
vacillato quando qualche politico importante ha invitato a non
votare (brutta cosa). Ma questo mi ha solo confermato la
politicizzazione del Referendum, della guerra tra partiti su un tema
che dovrebbe essere materia di politica sì, ma politica condivisa.
Per il futuro del nostro paese. Ho avuto un vero e proprio raptus da
votazione compulsiva quando tale Ernesto Carbone, deputato della
Repubblica in quota pd, ha twittato (sdoganando, tra l'altro, a
livello istituzionale l'insopportabile parola ciaone)
bullandosi di milioni di persone che con dignità sono andati a
votare (bruttissima cosa).
Ho letto anche,
soprattutto sui social network, lunghi e accorati post che alla fine
dicevano “non conta se sì o no (ma meglio sì), l'importante è
votare”, oppure “...ho rispetto per chi voterà No,
disprezzo chi non voterà”, o anche “...chi non andrà a
votare poi non si potrà lamentare se le cose vanno male...” “...chi
non vota dovrebbe vergognarsi di essere italiano...”.
Ho
anche pensato per un momento che potessero aver ragione, che il
diritto di voto è una cosa bellissima e anche un dovere civico e quindi non si deve perdere l'occasione; poi
ho pensato anche che nel diritto di votare sta il diritto di non
votare; il diritto di dire che a me questo Referendum non piaceva,
non lo volevo, non credevo che dovesse essere fatto in questo modo. Il
diritto di dire che, pur essendomi documentato, non sono riuscito a
diventare un esperto della materia, che di trivellazioni, estrazioni
e via dicendo dovrebbe occuparsi la politica, evitando di farsi la
guerra per qualche voto in più.
Come
vedete, i dubbi sono stati tanti e la maggior parte rimangono ancora.
Ma alla fine ho deciso di rimanere coerente con i miei dubbi e con
le mie incertezze, evitando di improvvisarmi paladino del sì o del
no, ma decidendo semplicemente di non partecipare al
Referendum. E mi piacerebbe che come io rispetto chi ha votato, anche coloro che ci sono andati rispettassero la mia di decisione. Senza pensare che abbia passato la giornata al mare, senza pensare che non ho votato perché me l'ha detto Renzi e bla bla bla. Anche se non ci credete, c'è dignità pure nel non votare.
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